Dalla Turchia ai palcoscenici del mondo: ‘Ogni volta che sento questa sintonia sul palco, è un’esperienza speciale.’

Intervista alla violinista Veriko Tchumburidze

 

Abbiamo incontrato Veriko Tchumburidze al Teatro Massimo Bellini ancora vuoto, in una giornata piovosa, prima del suo concerto con l’Orchestra Sinfonica del Conservatorio “V. Bellini”, con la direzione di Antonino Manuli. Con il suo violino al fianco, ci ha accolto con un sorriso e uno sguardo profondo, pronta a raccontarci il suo percorso, la passione che la lega alla musica e i suoi progetti.

Veriko, come è nata la tua passione per il violino?
Ho iniziato a suonare effettivamente quando avevo tre anni e mezzo, grazie ai miei genitori. Vengo da una famiglia di musicisti: mia madre è insegnante di violino, mio padre è insegnante di oboe, e mia zia è mezzosoprano. Quindi è stata una scelta naturale. Credo che osservare gli studenti di mia madre mi abbia spinto a prendere in mano il violino. E sì, penso che la mia passione derivi da mia madre e dal fatto che ascoltavo molta musica a casa.

Quali momenti hanno segnato di più il tuo percorso da violinista?
Per me, i momenti più significativi durante i concerti sono quelli in cui sento una connessione autentica con il pubblico, con la musica e con i musicisti che condividono il palco con me. Ogni volta che percepisco questa sintonia sul palco, diventa un’esperienza speciale. Non posso scegliere un momento preciso, ma direi che ogni volta in cui ho provato questa sensazione è stato perfetto.

Stasera eseguirai il concerto per Violino e Orchestra di Aram Khachaturian. Come ti sei preparata per questa esibizione?
Questo concerto è molto speciale per me, perché è il mio primo grande concerto, quello che ho imparato per primo nella mia vita. Avevo otto anni quando ho iniziato a studiarlo. Ho ascoltato una registrazione del mio insegnante e di un suo studente all’epoca, credo fosse il 2003, e appena ho sentito questo concerto, me ne sono innamorata. Ho detto a mia madre, quando avevo otto anni, che volevo impararlo, ed è stata una decisione importante. Sono passati vent’anni da quando ho imparato questo concerto, e l’ultima volta che l’ho suonato è stato cinque o sei anni fa, in Portogallo, a Porto, con un’orchestra.
Per prepararmi, ho ripreso il brano con calma, passo dopo passo, e ho iniziato a riscoprirlo. È stato molto divertente reimparare questo concerto, un’opera che conoscevo dall’infanzia, ma in cui ho trovato tante idee nuove. È stato come riscoprirlo in un modo davvero divertente e stimolante.

 

Cosa puoi raccontarmi dell’esperienza con l’Orchestra del Conservatorio “V.Bellini” e con il direttore Antonino Manuli? E, in generale, qual è la tua opinione su come si è sviluppata questa piccola residenza a Catania?

Prima di tutto, mi è piaciuto moltissimo. È stata un’occasione rara e straordinaria.
Era la mia prima esperienza in Italia con un’orchestra composta da giovani musicisti e per me è stata un’esperienza unica. Suonare con loro è stato davvero divertente: l’energia, il modo in cui interpretano la musica, tutto è fresco e vivace. Mi sono davvero goduta ogni momento. Lavorare con il direttore Antonino Manuli è stato fantastico, un’esperienza davvero molto arricchente.
In generale, ho amato Catania. Era anche la mia prima volta in Sicilia, quindi è stato emozionante vedere la città di Bellini, immersa in tanta cultura e storia. È stato un momento speciale per me, e sono molto, molto felice che il mio “debutto” in Sicilia sia avvenuto proprio a Catania. Non potevo chiedere di meglio, davvero. Sono molto grata per la calorosa accoglienza e per l’energia straordinaria che ho ricevuto.

Parliamo della musica classica e della sua evoluzione. Secondo te, qual è il ruolo della musica classica oggi?
Penso che il ruolo della musica classica non sia cambiato, se guardiamo alla storia. È una musica per tutti, porta con sé un significato profondo. Il suo ruolo oggi, come ieri, è di regalare a chi la ascolta un’esperienza. Non importa se si tratti di un’opera o di un concerto sinfonico: la ricchezza stessa della musica è così rara e preziosa che richiede tempo per essere apprezzata, specialmente per le nuove generazioni.

Pensi quindi che le nuove generazioni possano ancora sentirla vicina?
Sì, anche se credo che la sua profondità richieda tempo per essere apprezzata, specialmente per i giovani. Quando ci si avvicina fin da piccoli alla musica classica, imparando la storia e il significato delle opere, nasce un legame speciale tra l’ascoltatore e il brano. Ma penso, in definitiva, che il rapporto con la musica classica sia qualcosa di molto personale; per ciascuno di noi rappresenta qualcosa di unico e profondo, indipendentemente dall’età.

Ci sono progetti o nuove collaborazioni a cui ti stai dedicando?
Sì, al momento sto studiando due nuovi concerti. Uno è un concerto per violino di Respighi, un compositore italiano che adoro. Suonerò il suo Concerto Gregoriano a Madrid, in un auditorium davvero bello, e sono molto entusiasta.
L’altro progetto è decisamente fuori dal mio stile abituale: si tratta di un concerto per violino di Wynton Marsalis, che mescola jazz e musica folk americana. Non vedo l’ora di esibirmi con questi due concerti nei prossimi mesi.

 

Fotografie: Salvatore Cuntrò

 



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